F.1 1990-1999

1990 – Suzuka atto secondo, la vendetta di Senna

Prost lascia la McLaren dopo l’epilogo controverso del mondiale 1989 ed approda alla Ferrari, a fianco di Nigel Mansell. Il mondiale è molto equilibrato, e fino a metà stagione Senna e Prost sono praticamente appaiati in classifica: dopo il Gp di Gran Bretagna Alain ha 41 punti ed Ayrton 39. Le successive quattro gare sono a vantaggio di Senna: con due vittorie in Belgio ed in Italia si pone in una posizione quasi inattaccabile. Il finale di mondiale è caratterizzato dalle scintille: in Portogallo Mansell chiude Prost regalando la vittoria a Senna; Alain si scaglia contro la Ferrari, dichiarando che non merita di vincere il mondiale, quindi reagisce d’orgoglio dominando il Gp di Spagna. Senna contiene fino a quando rompe un radiatore, ed i due vanno al Gp del Giappone, teatro della controversia l’anno precedente, separati da soli nove punti a vantaggio del brasiliano.

Qui Ayrton decide di risolvere in maniera personale –e discutibile-  l’affronto subito nel 1989: alla prima curva, sopravanzato da Prost, tiene giù il gas e lo sperona. Entrambe le vetture sono fuori gara ed il brasiliano conquista il suo secondo titolo in mezzo a polemiche fuoriose.

1991 – Senna contiene il ritorno di Mansell

È nell’aria l’ennesimo duello Senna-Prost, ma nel corso dell’inverno il pilota francese richiama più volte la Ferrari a spingere di più sullo sviluppo della vettura: il team di Maranello è in piena crisi manageriale ed i suoi appelli rimangono inascoltati. Alla presentazione delle vetture si comprende che Prost aveva ragione: McLaren e Williams hanno disegnato vetture innovative, mentre la Ferrari è sostanzialmente quella dell’anno prima, perdendo ogni chance in partenza.

Il mondiale comincia con una cavalcata di Senna: fa sue le prime quattro gare, facilitato dal fatto che Mansell colleziona due ritiri per cause meccaniche ed un incidente.

Appena la Williams risolve i problemi di affidabilità diventa la macchina da battere e Mansell conquista tre gare di fila tra Francia e Germania. Senna rimane a galla grazie alla sua esperienza, vincendo in Ungheria e quindi grazie ad un’altra rottura di Mansell in Belgio. A questo punto la differenza tra i due è di ventidue lunghezze a cinque gare dalla fine, un’enormità, ma lo stato di forma della Williams lascia ben sperare per un finale al fulmicotone. Mansell vince indisturbato a Monza, ma alla gara successiva un errore durante il cambio gomme lo lascia su tre ruote in corsia box, ed il suo mondiale praticamente finisce lì.

Il veleno di Senna

Alla conferenza stampa di Suzuka ci si aspetta un Senna raggiante per la vittoria del terzo mondiale. Invece il brasiliano si presenta livido d’odio contro il deposto presidente della FIA Jean-Marie Balestre. Ayrton vomita tutto il suo rancore per i torti subiti a Suzuka nel 1989, quando fu privato della vittoria, e dichiara per la prima volta che l’anno precedente causò deliberatamente l’incidente con Prost. Aggiunge anche che non ha mai chiesto scusa a Balestre, come quest’ultimo aveva richiesto dopo l’epilogo del mondiale 1989. Il tutto viene condito da parole non proprio da oratorio, che costringono la FIA a correggere il tiro quattro giorni dopo con un comunicato stampa imbarazzato in cui il brasiliano negherebbe tutto quanto. Un finale di cattivo gusto, figlio del rancore che Senna ha covato per due anni.

L’insediamento di Mosley

Prima del Gp di Spagna la FIA elegge come suo nuovo presidente Max Mosley, rimuovendo dall’incarico Jean-Marie Balestre dopo tredici tormentati anni al comando della Federazione.

Mosley è figlio di Sir Oswald Mosley, fondatore dell’unione dei fascisti britannici: una figura scomoda, che impedisce di fatto a Max di intraprendere la carriera politica. Mosley non è nuovo all’ambiente visto che fu uno dei fondatori della March, ed il suo coinvolgimento negli sport motoristici è stato sempre costante. Mosley negli anni a venire si dimostrerà una figura schiacciata tra la volontà dei team, i veri padroni, con Ecclestone, della Formula 1, e i desideri degli appassionati. Molte volte lancerà delle proposte regolamentari provocatorie o addirittura irrealizzabili per aumentare lo spettacolo, salvo essere rimesso in riga dalle restrizioni del Patto della Concordia -che gli lasciano un potere decisionale praticamente nullo- e dagli interessi commerciali dei team.

L’esordio di Schumacher

Il debutto del tedesco avviene in circostanze molto particolari: Michael va ad occupare il sedile della Jordan, rimasto vacante perché Bertrand Gachot viene arrestato a Londra per un episodio avvenuto alcuni mesi prima, nel quale il pilota francese aveva utilizzato contro un tassista uno spray antiaggressione. Schumacher si comporta egregiamente sia nei test privati, con cui ottiene il posto, che nelle prove del Gp, in cui è addirittura in grado di dare consigli al più maturo compagno di team, l’italiano Andrea de Cesaris. In griglia ottiene la settima piazza e nel warm-up addirittura la quarta. In gara fa poca strada perché la frizione cede subito dopo il via, ma le sue prestazioni sono sufficienti perché Flavio Briatore, dalla gara successiva lo metta sotto contratto con la Benetton.

1992 – Mansell e la Williams imprendibili

Il 1992 dal punto di vista dello spettacolo e della lotta in pista è uno di quegli anni che si archiviano in fretta, visto che una vettura eccezionale, la Williams FW14B, sbaraglia la concorrenza. Vince dieci gare su sedici partecipazioni e consegna il titolo, con largo anticipo, ad un cavallo pazzo come Nigel Mansell, conosciuto come pilota veloce, ma non in grado di giocarsi un titolo.

La FW14B, nata dalla mente di Adrian Newey, estremizza il rapporto con l’elettronica, facendo delle sospensioni attive il punto di forza che la rende imbattibile. È memorabile l’immagine del box Williams, con i meccanici che scherzano, alzando ed abbassando la monoposto come se fosse un giocattolo. Cambiate programmate, altre diavolerie, ed un motore Renault V10 destinato alla leggenda fanno il resto: Mansell mette il titolo in saccoccia con cinque vittorie nelle prime cinque gare. Neppure Senna, con una McLaren dotata di un motore Honda in aria di smobilitazione, può nulla, per non parlare della Ferrari, che sforna una delle monoposto meno azzeccate della storia, la F92A, dotata di un doppio fondo. L’idea è un disastro ed il team di Maranello entra in una profonda crisi tecnica, dalla quale si risolleverà a fatica.

Prost firma per la Williams e taglia fuori Senna dal team

Alain Prost nel corso della stagione 1992 è appiedato e cura in dettaglio il suo rientro nel circus sulla macchina migliore, la Williams, sostituendo Mansell, non confermato dal team e costretto a tentare fortuna in America nella CART.

Prost, memore dei duelli a suon di colpi proibiti degli anni 1989 e 1990, pone come condizione irrinunciabile un contratto “blindato”, che impedisce l’ingresso nel team di Ayrton Senna. La clausola viene alla luce quando Senna, frustrato dalla poca competitività della McLaren/Honda, cerca disperatamente di approdare in Williams, tanto da offrire i suoi servigi gratuitamente per l’anno successivo. Le trattative con Frank Williams si arenano quando emerge questo particolare contrattuale. Al Gp del Portogallo 1992 la Williams annuncia ufficialmente l’ingaggio di Prost e Senna sputa veleni, dichiarando il francese un codardo per non volerlo in squadra con lui. (il brasiliano non ricorda che nel 1986 pose il veto all’entrata nel team Lotus di Derek Warwick)

Prost replica con altri veleni, dichiarando Senna un bambino che vuole sempre avere i giocattoli degli altri. L’atmosfera tra i due è di guerra aperta, viste anche le conclusioni dei mondiali 1989 e 1990. La situazione si dipanerà solo ad Adelaide nel 1993, con una stretta di mano tra i due sul podio, del resto Alain è in odore di ritiro e Senna nel 1994 guiderà la tanto agognata Williams.

1993 – Domina ancora la Williams con Prost

Il campione del mondo Mansell se ne va in america a correre in F.Indy e Prost si insedia sulla vettura migliore, la Williams, mentre Senna mastica amaro in McLaren, equipaggiata con un motore Ford che non ha la linea prioritaria di sviluppo. Il mondiale con questi presupposti non ha storia e, dopo un avvio bruciante di Senna, favorito da diversi Gran Premi corsi in condizioni meteorologiche miste, Prost fa man bassa di punti e vittorie, ipotecando il titolo con largo anticipo.

Senna all’inizio della stagione si trova in una situazione precaria: nel corso del 1992 aveva chiesto alla McLaren una reazione dal punto di vista delle prestazioni ed invece il team di Dennis perde i motori Honda. Altri team in grado di far lottare Ayrton per il titolo non ce ne sono ed alla fine il brasiliano deve turarsi il naso e restare in McLaren,  senza dei propulsori ufficiali e costretta a ripiegare sui Ford clienti, perché Briatore, team manager Benetton, si è assicurato l’esclusiva dei V8 ufficiali. Paradossalmente questa situazione rivelerà la grandezza di Senna, in grado con una vettura di secondo piano di lottare contro l’astronave Williams e addirittura batterla in diverse occasioni.

Il talento di Ayrton però non è sufficiente, e Prost deve solo pazientare un po’ più di quanto fece Mansell l’anno prima per conquistare un titolo altrettanto facile, grazie alla supremazia tecnica indiscussa.

Questa supremazia della Williams è dovuta anche al valore aggiunto dell’elettronica, che ormai pervade ogni aspetto della monoposto, dall’acceleratore (traction control) al cambio (cambiate e scalate programmate, launch control) alla frenata (ABS) e la F.I.A., per arginare l’invasione dei microchip, decide per il 1994 di bandire tutti gli aiuti elettronici, per restituire un po’ di dignità ai piloti.

1994 – Muore Senna e Schumacher resta senza avversari

Un anno da dimenticare, in cui la Formula 1 avrebbe fatto meglio a non esistere. La stagione inizia con il dominio di Michael Schumacher su Benetton, che vince in Brasile ed al Gp del Pacifico; Senna, passato alla Williams, si trova una vettura più scorbutica del previsto a causa dell’abolizione delle sospensioni attive e colleziona due ritiri, il primo nel tentativo di seguire Schumacher, il secondo perché coinvolto in un incidente al via.

Venti a zero per il tedesco e si va ad Imola, un weekend apocalittico in cui tutto quello che poteva andare storto è effettivamente andato storto: al venerdì Barrichello decolla sul cordolo della variante bassa e va a colpire le reti di protezione, capottandosi; se la caverà con qualche escoriazione, ma è l’ultimo dei fortunati. Sabato muore Roland Ratzenberger: un’appendice aerodinamica si stacca dalla sua Simtek nel tratto che porta alla piega Villeneuve, la monoposto diventa inguidabile e l’austriaco si infrange a 300 all’ora contro il muretto, morendo praticamente sul colpo. Il giorno della gara si tocca l’apice, con un disastro dietro l’altro: si comincia con il tamponamento di Lamy a Lehto, fermo sulla griglia di partenza, una ruota viene proiettata nelle tribune e quattro persone rimangono ferite. La corsa viene neutralizzata con la safety car, ed alla ripartenza avviene una nuova tragedia: la Williams di Senna va dritta al Tamburello per la rottura del piantone dello sterzo ed il pilota rimane gravemente ferito, un braccetto della sospensione riesce a penetrare la visiera del casco. I tentativi di rianimazione saranno vani ed il campione brasiliano perderà la vita poche ore dopo.

La Benetton al centro delle polemiche

L’elettronica è bandita dalle Formula 1 nel 1994, ma la Benetton è accusata più o meno velatamente di avere sulle vetture un sistema di launch control illegale, attivato dai piloti poco prima del via, premendo i tasti sul volante in una determinata sequenza.

La Benetton finisce sotto investigazione da parte della FIA e non viene puntia, ma Charlie Whiting, delegato tecnico, nonostante questo verdetto, si mostra scettico dichiarando alla stampa che secondo lui la Benetton nasconde qualcosa. La situazione peggiora dopo il Gp di Germania: al pit stop di Verstappen fuoriesce del carburante e scoppia un rogo in cui vengono coinvolti oltre al pilota diversi meccanici. Da un’indagine della F.I.A. si scopre che il team ha modificato gli impianti di rifornimento –che dovrebbero essere uguali per tutti- per accelerare il flusso di benzina e rifornire quindi più rapidamente.

La controversia viene portata di fronte al consiglio disciplinare della F.I.A. e la Benetton risulta colpevole…ma impunita: un verdetto che lascia sbigottiti e sgomenti di fronte alla palese infrazione del regolamento che ne avrebbe comportato l’esclusione dal mondiale.

Solo molti anni dopo, nel 2003, si scoprirà che l’esito del verdetto del consiglio disciplinare fu “truccato” da Max Mosley. Il presidente della F.I.A., insieme a Bernie Ecclestone, si intrattenne la sera antecedente il consiglio con George Carman, l’avvocato della Benetton, consigliandogli una linea di difesa che lasciasse impotente l’avvocato della F.I.A. stessa, e rimettesse il tutto nelle mani di Mosley, visto che il resto del consiglio era stato male informato ed in ultima analisi si rifaceva alle parole del presidente.

Per la Formula 1, dopo le tragedie di Imola, vedere anche squalificato il pilota che stava dominando la stagione, sarebbe stato un colpo mortale. La linea di Mosley quindi fu improntata al bene comune piuttosto che alla giustizia a tutti i costi…e non si esclude nemmeno un occhio di riguardo al portafoglio, visto che in Germania c’era un interesse crescente nei confronti della Formula 1, proprio grazie a Schumacher.

Rifornimenti autorizzati

Nel 1994 vengono reintrodotti i rifornimenti in corsa per aumentare lo spettacolo. In realtà questo produrrà solo un proliferare delle soste ai box e le vetture, sempre in condizioni ottimali perché poco pesanti, diventeranno praticamente impossibili da superare. Nei piloti, ma soprattutto nei team manager, si insinuerà la mentalità perversa della “strategia di gara”. Fermarsi ai box non sarà più un handicap, ma diventerà uno strumento per sopravanzare gli avversari.

1995 – Schumacher imbattibile

La FIA, nel tentativo di limitare la velocità delle vetture, riduce la cilindrata da 3500 a 3000 cmc. senza che le cose cambino molto, sia dal punto di vista prestazionale che da quello delle forze in campo. Quando interviene un cambiamento di regolamento di questo tipo, in genere c’è uno sconvolgimento dei valori (vedi reintroduzione dei motori 3000 nel 1966) e invece tutto rimane invariato.

La novità importante del 1995 è rappresentata dal cambio di motore del team campione del mondo piloti, la Benetton, che abbandona il Ford V8 per adottare il miglior motore sulla piazza, il Renault, che dal 1992 non ha avuto praticamente rivali, se accoppiato al telaio giusto. Il V12 Ferrari gli dà filo da torcere in termini di potenza, ma consumi elevati ed erogazione più scorbutica non lo rendono abbastanza versatile. Da segnalare anche l’adozione da parte della McLaren del motore Ilmor, battezzato Mercedes. Con questa scelta Ron Dennis instaura una partnership privilegiata con un grosso costruttore come quello tedesco, dopo che nel 1994 l’esperienza con la Peugeot si era rivelata fallimentare.

Il mondiale è senza storia, Schumacher domina in lungo e in largo. L’inseguitore è lo stesso rivale del 1994, Damon Hill, che non ha la velocità, e soprattutto la testa, per competere con il tedesco, anche se la sua Williams è complessivamente una vettura migliore della Benetton.

È emblematico il fatto che in un paio di occasioni (Gran Bretagna e Italia) Hill rovini malamente addosso a Schumacher, mettendo entrambi fuori gara, e l’immagine di Michael, infuriato, che urla all’indirizzo di Hill ancora dentro l’abitacolo a Monza, è la sintesi della stagione, nonché la quintessenza di quello che è diventato Schumacher sotto la cura Briatore: da ragazzotto tedesco alla buona, a belva scatenata, pronta a saltare alla giugulare dell’avversario, sia in pista che fuori. Schumacher continua nel 1995 una campagna di pressione psicologica contro Hill iniziata nel 1994: lo porterà ad essere inviso a molti addetti ai lavori e tifosi, tanto che quando viene fatto l’annuncio del suo passaggio alla Ferrari nel ‘96, gli striscioni contro il tedesco a Monza si sprecano. Michael lotterà per tutta la carriera contro questa icona di “malvagio”, ed i suoi ripetuti scivoloni mediatici e sportivi continueranno ad affossarlo ogni qualvolta cercherà di risollevarsi.

Benetton imbroglia (ancora)

Non fossero bastate le polemiche dell’anno precedente sul software illegale, il bocchettone del rifornimento, il pattino di Spa ed il comportamento a Silverstone, la Benetton finisce di nuovo in cattiva luce per una questione relativa al peso delle vetture.

Nel 1995 il regolamento prevede che le monoposto pesino 595 kg incluso il pilota, per evitare disparità tra piloti “leggeri” e “pesanti”.

I piloti vengono pesati prima del weekend d’apertura in Brasile e, stranamente per un maniaco del fitness come Schumacher, il campione del mondo risulta ingrassato di 8 kg.

Dopo la gara, il suo peso è di 5,5 kg inferiore: questa differenza fa sì che Mosley accusi deliberatamente la Benetton di aver barato, usando un casco zavorrato per far apparire Schumacher più pesante.

Usando un casco normale, ovviamente Schumacher avrebbe un notevole vantaggio di peso e quindi di tempo.

1996 – Lotta interna Williams, la spunta Hill

Briatore prima dell’inizio della stagione afferma di aver fatto l’affare della sua vita. Secondo le sue parole, ingaggiare Alesi e Berger gli costa molto meno che trattenere il solo Schumacher. Tuttavia il puro conto economico non tiene conto del valore della “merce”. La Benetton, da team campione del mondo piloti e costruttori, passa dalla gloria al semianonimato e, soprattutto, da undici vittorie a zero.

Con la Benetton penalizzata dall’affarone di Briatore, la Ferrari impegnata a costruire un valido ambiente per il neoarrivato Schumacher e la McLaren che non riesce a decollare nonostante l’apporto della Mercedes, risulta evidente che nel 1996 c’è una sola protagonista, la Williams-Renault. Damon Hill è il caposquadra, a cui viene affiancato Jacques Villeneuve, figlio dell’indimenticato Gilles. L’arrivo di Villeneuve in Formula 1 è preparato con cura da Ecclestone, che fiuta il ritorno mediatico: usa la sua influenza per piazzarlo nel team migliore e la Williams completa l’opera, facendogli fare molti test invernali che lo mettono in condizione di conoscere bene la vettura. La stagione d’esordio di Jacques è buona, cosa che contribuirà a sopravvalutare il canadese nel corso della sua carriera.

Il mondiale viene vinto da Hill, che ipoteca il titolo nella prima parte della stagione e resiste ad un ritorno di Villeneuve. Il fatto che il titolo venga vinto da un pilota tutto sommato mediocre come Hill avrebbe dovuto far riflettere sul reale valore di Villeneuve…

Aggirare le regole

Vengono introdotte le protezioni a lato della testa del pilota e, mentre alcuni team come Ferrari e Benetton rispettano alla lettera le misure diramate dalla federazione, altri, in primis la Williams, le aggirano spudoratamente con delle alette che di protettivo hanno veramente poco. Il risultato è che la sezione frontale della Ferrari all’altezza della testa del pilota è larghissima, un lavandino, mentre quella della Williams è di poco superiore a quella dell’anno precedente, con evidenti vantaggi aerodinamici.

Il brutto anatroccolo F310

La prima vettura affidata al bicampione del mondo Schumacher è un mezzo disastro. All’inizio della stagione in Brasile è addirittura necessario utilizzare il retrotreno dell’anno precedente perché quello nuovo non è all’altezza. L’affidabilità poi è scarsa: tra Francia e Gran Bretagna le rosse in gara collezionano solo una manciata di chilometri prima di ritirarsi e si sente aria di licenziamento per Jean Todt. Altri episodi grotteschi legati a questa monoposto sono la perdita di un semiasse in mondovisione alla ripartenza da un pitstop in Canada e il fatto che i piloti in rettilineo debbano stare con la testa piegata per favorire l’afflusso d’aria nell’airscope. La ciliegina sulla torta è rappresentata dall’adozione a metà stagione del muso alto. Su una vettura concepita per avere il muso basso, questo non può essere che un orribile trovata posticcia, che trasforma l’altrimenti elegante F310 in un mostro. Nonostante questo quadro deprimente, Schumacher riuscirà a vincere tre gare nel corso della stagione.

“Come avete fatto a non vincere con questo motore?”

Queste sono le prime parole che Schumacher pronuncia dopo essere sceso dalla Ferrari 412T2 del 1995, che testa al suo arrivo al team di Maranello. Nonostante questo elogio al propulsore italiano, la strada per la rossa è decisa: si abbandona il V12, troppo lungo ed assetato, per sposare la filosofia della Renault, il V10. Ben presto questa sarà l’architettura che adotteranno tutti i produttori di motori, togliendo fantasia alla progettazione. Tale fantasia sarà poi castrata definitivamente quando la federazione, nella seconda metà degli anni 2000, deciderà di stabilire numero dei cilindri, angolo di bancata, regime massimo e tutta una serie di parametri che renderanno il panorama dei motori praticamente un monomarca.

1997 – Finisce a ruotate tra Villeneuve e Schumacher

Un solo cambiamento di mercato scuote i top team, si tratta del mancato rinnovo del contratto della Williams a Damon Hill: sente il richiamo del denaro ed accetta di correre per la mediocre Arrows-Yamaha, che porta all’esordio, assieme ad altri team, le gomme Bridgestone.

Lo rimpiazza in Williams Heinz-Harald Frentzen, tedesco che si è fatto notare alla guida della Sauber.

I pronostici della vigilia prevedono l’ennesimo successo della Williams-Renault: il motorista francese ha dichiarato di voler cessare la fornitura dei propulsori e vuole quindi uscire in bellezza. Tutti gli occhi sono puntati su Villeneuve e Frentzen: un miglioramento della Ferrari rispetto al 1996 appare poco probabile, la Benetton ha dato prova di essere plafonata dal punto di vista tecnico e da quello umano (leggasi piloti) e la McLaren, avendo appena acquisito Adrian Newey dalla Williams, è in fase di riorganizzazione tecnica.

Sin dalle prime gare si capisce che Frentzen non è fatto per stare in Williams: le sue prestazioni sono mediocri ed alcuni errori lo mettono subito fuori gioco, facendolo cadere in disgrazia all’interno del team, guidato con pugno di ferro da un vecchio guerriero quale Patrick Head.

La lotta si restringe quindi a Villeneuve e…Schumacher, che sorprendentemente riesce a far rendere al meglio la sua Ferrari, vincendo quando le condizioni glielo permettono, e racimolando punti preziosi quando deve giocare in difesa.

Si arriva all’ultima gara, a Jerez, con il titolo da assegnare e qui accade il fattaccio: Schumacher comanda la gara fino al secondo pit stop, riuscendo a mantenere costante il vantaggio nei confronti di Villeneuve che lo segue.

Dopo la suddetta sosta, la Ferrari semplicemente non va, Jacques rimonta quattro secondi in un paio di giri al tedesco e attacca alla curva Dry Sack. Schumacher appena si vede affiancare dalla Williams, sterza in direzione della stessa, senza mezzi termini, speronandone la fiancata. La Ferrari numero cinque finisce la sua corsa nella sabbia, mentre Villeneuve prosegue e va a vincere il titolo.

Le polemiche sul comportamento di Schumacher, recidivo perché la manovra ricorda molto da vicino quella di Adelaide 1994, quando vinse il titolo finendo addosso ad Hill, saranno furibonde, il tedesco verrà tolto dalla classifica mondiale e ci metterà diversi anni per riprendersi da questo gesto apparentemente incomprensibile.

1998 – Schumacher non riesce a fermare Hakkinen e la McLaren

Con l’abbandono del miglior produttore di motori, la Renault (cinque mondiali piloti e sei costruttori nei sei anni precedenti), che decide di non proseguire l’impegno della Formula 1, nel corso dell’inverno tutti gli occhi sono puntati sulla Ferrari e sulla McLaren, le uniche dotate di propulsori ufficiali ed entrambe in crescita di rendimento nel finale della stagione 1997.

Il team dominatore delle passate stagioni, la Williams, cade invece in disgrazia: perde lo storico sponsor “Rothmans” e, a livello propulsore, non trova di meglio che ripiegare su una versione “clienti” del V10 che gli aveva regalato tanti successi, ribattezzato Mecachrome.

La McLaren, passata alle gomme Bridgestone, è impressionante già dai test invernali, mentre la Ferrari, rimasta con le GoodYear, mostra già la corda.

Il fattore gomme sarà determinante nel corso del mondiale, anche perché le regole sono cambiate: le Formula 1 devono calzare delle gomme dotate di scanalature in modo da ridurre le performance e la Bridgestone interpreterà meglio questo cambio di regolamento.

Hakkinen si trova quindi in condizione di vincere gran parte delle gare e Schumacher è costretto ad inseguire, a volte in maniera affannosa.

Il tedesco commette diversi errori gravi, ma rimane in lizza fino all’ultima gara, dove lo spegnimento del motore in griglia prima, ed una foratura poi, lo mettono fuori gioco.

1999 – Schumacher si infortuna, Hakkinen fa il bis

Nessun ingresso da parte di grandi costruttori o produttori di motori: la stagione è predestinata ad essere una lotta simile all’anno precedente, cioè tra McLaren e Ferrari.

Il team inglese aumenta ancora le sue prestazioni, presentandosi in Australia con dei tempi in qualifica mostruosi: le McLaren rifilano a Schumacher un secondo e tre decimi. La gara australiana però mette in luce quelli che sono i pregi ed i difetti dei duellanti per il titolo: le McLaren sono velocissime ma inaffidabili (si ritirano sia Hakkinen che Coulthard mentre sono ampiamente in testa), mentre le Ferrari ripongono nell’affidabilità la loro arma migliore, tanto che Eddie Irvine riesce a vincere la sua prima gara in Formula 1.

La stagione prosegue con un testa a testa tra Hakkinen e Schumacher, fino a quando quest’ultimo si rompe una gamba nel corso del primo giro del Gran Premio di Gran Bretagna e la lotta per il titolo sembra chiusa, perché Irvine non ha lo spessore per contrastare Hakkinen.

Con la star fuori dai giochi però accade l’imponderabile, e ad ogni gara si assiste ad una sorpresa diversa: errori tattici dei team, rotture, sbagli grossolani da parte dei piloti. Il fortunello della situazione è Irvine, che beneficia quasi in ogni occasione delle disgrazie altrui, mentre Hakkinen è bersagliato dalla malasorte: perde una ruota in Gran Bretagna, viene speronato dal compagno di team Coulthard in Austria, fora e sbatte in Germania, va in testacoda in Italia quando è indisturbato al comando… A questo punto Hakkinen non ce la fa più, è sull’orlo di una crisi di nervi e si vede: dopo il testacoda di Monza scoppia a piangere appena al di là delle reti di protezione.

Schumacher rientra in Malesia e la sua gara irridente sembra fatta per Eddie: il tedesco dispone come vuole degli avversari e del compagno di team, confezionando una vittoria per Irvine e tenendo dietro Hakkinen, ma nel dopo gara a Sepang avviene il fattaccio.

La Ferrari viene squalificata per delle paratie irregolari ed entrambi i titoli andrebbero alla McLaren. Ma una stagione così avvincente non può certo finire alla penultima gara.

La Ferrari fa appello ed in un’udienza-farsa a Parigi, prima del Gp del Giappone, viene reintegrata a pieno titolo, presentandosi con Irvine in testa al mondiale. Il piano per vincere il titolo è simile a quello dell’anno prima e prevede un significativo aiuto al pilota che si gioca il mondiale da parte del compagno di team: Schumacher deve tenere dietro Hakkinen ed Irvine deve arrivare terzo. Non accade niente di tutto questo: Mika va in testa ed è imprendibile per tutta la gara, senza che Michael sia in grado di avvicinarlo: il finlandese conquista il suo secondo titolo.

F.1 2000-2009